Avv. Saverio Biscaldi | Avv. Michele Branzoli
Una recente sentenza del TAR Lazio ha annullato due decreti ministeriali nella parte in cui includevano tra le attività agricole connesse la “produzione di prodotti di panetteria freschi” e “la produzione di pane”.
Ai sensi di legge è denominato pane il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune.
La legge stabilisce che per prodotti agricoli si intendono i prodotti del suolo, dell’allevamento e della pesca, come pure i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con tali prodotti.
E’ imprenditore agricolo colui che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse, inoltre si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali.
Sono anche considerate attività agricole le attività volte alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, sebbene non svolte direttamente in campo, dei prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali.
Alla luce di quanto sopra l’attività di panificazione, sia quella avente ad oggetto la sola realizzazione del pane sia quella generalmente volta alla realizzazione di “prodotti di panetteria freschi” non rientra tra le attività agricole in quanto non relativa alla trasformazione di prodotti ottenuti direttamente dalla coltivazione del fondo e nemmeno in quello delle attività agricole connesse ai sensi del codice civile.
Infatti sono attività connesse le attività relative ai prodotti di prima trasformazione ottenuti dalle materie prime in un unico ciclo di elaborazione industriale mentre sono prodotti di seconda trasformazione quelli derivanti dall’elaborazione di ingredienti a loro volta ottenuti da un processo industriale. Pertanto sono ad esempio prodotti di prima trasformazione il vino, l’olio i formaggi o lo zucchero. Mentre il pane e gli altri prodotti da forno non possono essere considerati prodotti di prima trasformazione, in quanto non vi è trasformazione diretta di un prodotto derivante dalla coltivazione del fondo ma dalla ulteriore trasformazione di un prodotto derivante da una prima trasformazione (grano – farina). Va da se che l’attività di panificazione in quanto successiva a quella di trasformazione dei cereali in farina, non è riconducibile tra le attività connesse all’attività agricola.
L’esclusione del pane dal novero dei prodotti agricoli ha condotto il TAR all’annullamento dei Decreti Ministeriali del 2010 e 2011 emessi ai sensi dell’art. 32, comma 2 lettera c) del TUIR.
Quest’ultimo prevede che ogni due anni, il Ministro dell’Economia, su proposta del ministro per le Politiche Agricole, emani un decreto che individui i prodotti da considerare assimilabili a quelli agricoli.
La norma ha la funzione di circoscrivere l’ambito di applicazione dell’art. 32, che prevede per le attività agricole un regime fiscale significativamente migliorativo rispetto a quello applicabile alle attività commerciali e industriali: il loro reddito non si calcola in base ai ricavi, come noto, ma in base alla superficie coltivata.
Secondo il TAR, però, il potere attribuito dalla legge al Ministro non può consentirgli di ampliare il catalogo delle attività soggette al regime di vantaggio oltre i limiti previsti dal Codice Civile.
Ne consegue che il reddito derivante dall’attività di panificazione dovrà essere sempre qualificato come reddito di impresa e non come reddito agrario, con gli evidenti svantaggi che ne derivano sul piano della tassazione.
È poi interessante osservare, per concludere, che il TAR evidenzia come la norma contenuta nei decreti annullati avrebbe comportato una ingiustificata disparità di trattamento tra esercenti l’attività di panificazione che sono anche agricoltori e soggetti che invece non lo sono, perché si sarebbe applicata ai primi una disciplina fiscale di vantaggio rispetto ai secondi; questo avrebbe determinato la violazione dei principi contenuti nel d. 223/2006, che aveva disposto la liberalizzazione dell’attività di panificazione, rispetto al quale una regola evidentemente anticoncorrenziale sarebbe risultata incompatibile.
Infine, il Tribunale Amministrativo rileva che – per la stessa ragione – la scelta prevedere una fiscalità di vantaggio per uno specifico ambito di attività avrebbe di fatto prodotto l’effetto di un aiuto di stato incompatibile con il diritto eurounitario.
Il Tribunale quindi ha fatto proprie le istanze delle associazioni di categoria dei panificatori, ristabilendo i principi di legalità, da un lato, e di libera concorrenza, dall’altro, disattendendo, oltre che le difese dei Ministeri, anche quelle dei rappresentanti degli agricoltori.
avv. Saverio Biscaldi | avv. Michele Branzoli
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