Il 06 luglio 2020 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale.
Scopo della normativa – si legge nella relazione tecnica – è quello di allineare per tutti gli Stati membri dell’Unione la materia penalistica concernente la repressione di tali tipologie di condotte fraudolente, in particolare delle condotte più gravi, anche in considerazione del carattere transfrontaliero del crimine, in modo da tutelare gli interessi unionali, evitando incongruenze nei vari settori del diritto.
Di non poco conto la richiesta di introduzione di un sistema di responsabilità a carico delle persone giuridiche in caso di reati gravi contro il sistema comune dell’Iva, su cui l’Italia, però,essendo adeguata da circa un ventennio col D.Lgs. 231/2001, ha ritenuto di avvalersi dell’impiantogia creato, poiché conforme alle finalità da perseguire.
Oltre alle diverse ortopedie al codice penale ed al D.Lgs. 74/2000, si segnala l’ingresso della frode comunitaria in ambito agricolo, prevista e punita dall’art. 2, co. I, della L. 23.12.1986, n. 898 (recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari al settore agricolo”)tra i reati presupposto di cui all’art. 24D.Lgs. 231/2001.
Questo significa che, in caso di sussistenza del reato ed accertata responsabilità della persona giuridica, accanto all’editto penale comminato al suo autore, segue l’applicazione delle sanzioni a carico dell’ente, ossia in tal caso sanzione pecuniaria fino a 500 quote (ndr: l’importo di una quota va da 258 euro a 1.549 euro) o, nei casi di maggiore gravità, da 200 a 600 quote, oltre alle sanzioni interdittive consistenti nel divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Si ricorda che l’art. 2, co. I, L. 898/1986 punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chi, “Ove il fatto non configuri il più grave reato previsto dall'articolo 640-bis del codice penale, …, mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per se' o per altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale…”.
Il decreto attuativo introduce, inoltre, un periodo aggiuntivo al predetto articolo 2 citato, per colpire le condotte più gravi, che causino un danno o il conseguimento di un profitto superiori ad euro 100.000,00, con la detenzione da 6 mesi a quattro anni.
Sarà, dunque, necessaria da parte delle imprese una valutazione di adeguamento ai dettami del D.Lgs. 231/2001, al fine di evitare di incorrere in sanzioni non soltanto economicamente esorbitanti, ma che rischiano di compromettere l’esercizio stesso dell’attività.
A presidio degli interessi finanziari dell’Unione previsti dalla stessa direttiva PIF, si rammenta che con regolamento UE 2017/1939 veniva istituito l’European Public Prosecutor Office (EPPO), con la funzione di individuare, perseguire, portare in giudizio gli autori dei reati che ledono quegli interessi finanziari.
Avv. Elisabetta Torzuoli
Comments