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Tutela delle DOP Italiane e principio di “evocazione" alla luce della recente sentenza 27194/2019


Con la sentenza 27194/2019 la Corte di Cassazione italiana ha ribadito l’operatività del principio di “evocazione" sancito dall'art.13 del Reg.CE 1151/2012 a protezione delle indicazioni di origine. La questione si riferisce a una controversia con oggetto la dicitura “Altopiano di Asiago" utilizzata sugli imballaggi di alcune forme di formaggio prodotte dal Consorzio di alcuni caseifici dell'Altopiano di Asiago e ritenuta “evocativa” della Denominazione di Origine protetta DOP Asiago. La Corte ha ritenuto che l'attribuire al prodotto posto in vendita qualità e caratteristiche che non possiede, associandolo ad un'altra produzione provvista invece delle qualità e caratteristiche vantate equivale ad ingannare il consumatore.

Già in forza dell’art 13 co.1 lett. b del regolamento CE numero 510 del 2006 le indicazioni geografiche protette IGP e le denominazioni di origine protetta (D.O.P.) sono state tutelate contro “qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione”.

Non solo, tale disposizione ha formato oggetto di diversi interventi della Corte di Giustizia di Lussemburgo, la quale ha stabilito che la nozione di “evocazione” si riferisce all’ipotesi in cui il termine designato per realizzare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto sia indotto ad avere in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce della denominazione. La Corte ha altresì precisato che può esservi “evocazione” di una D.O.P. anche «in mancanza di qualunque rischio di confusione tra i prodotti di cui è causa, e anche quando nessuna tutela comunitaria si applichi agli elementi della denominazione di riferimento ripresi dalla terminologia controversa» (Corte di Giustizia, 4/03/1999). Così nel caso della denominazione «Cambozola», adoperata da una ditta austriaca, evocazione della D.O.P. italiana «Gorgonzola» e in una successiva pronuncia, nell'affrontare il problema se la denominazione «parmesan», adoperata da un produttore tedesco, fosse o meno la traduzione esatta della D.O.P. «Parmigiano Reggiano» o del termine «parmigiano».

A riguardo la Corte europea ha affermato che si deve tener conto anche della somiglianza concettuale tra tali due termini, pur di lingue diverse, come già le somiglianze fonetiche e ottiche - fra le denominazioni «parmesan» e «Parmigiano Reggiano» in un contesto in cui i prodotti di cui è causa sono formaggi a pasta dura, grattugiati o da grattugiare, cioè simili nel loro aspetto esterno - è idonea, secondo la Corte, ad indurre il consumatore a prendere come immagine di riferimento il formaggio recante la D.O.P. «Parmigiano Reggiano» quando si trova dinanzi ad un formaggio a pasta dura grattugiato o da grattugiare, recante la denominazione «parmesan». La nozione di «evocazione» di una denominazione di origine protetta si riferisce, pertanto, a giudizio della Corte, all'ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta, come nel caso della locuzione «parmesan», che incorpora una parte della denominazione protetta «Parmigiano Reggiano», di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce della denominazione, indipendentemente da qualunque rischio di confusione tra i prodotti di cui è causa ed anche quando nessuna tutela comunitaria si applichi agli elementi della denominazione di riferimento ripresi dalla terminologia controversa.

In una successiva decisione, la Corte di Giustizia - considerando che il Regolamento CE n. 510 del 2006, costituente la norma base in materia di protezione agroalimentare, non si applica ai prodotti alcoolici - ha ulteriormente precisato, sia pure con riferimento al Regolamento (CE) n. 110/2008 che «spetta al giudice nazionale verificare, oltre al fatto se una parte di una indicazione geografica protetta sia incorporata in un termine utilizzato per designare il prodotto in questione, se il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad avere in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di tale indicazione.

Sotto tale profilo, è certamente da ritenersi - secondo la Corte europea - che sussista evocazione di una indicazione geografica protetta allorquando, trattandosi di prodotti di apparenza analoga, le denominazioni di vendita presentano «una similarità fonetica e visiva» (Corte Giustizia, 07/06/2018, Scotch Whisky Association).

Si intuisce dunque che il giudice nazionale abbia voluto ancora una volta ribadire l'importanza dei prodotti di eccellenza e le indicazioni geografiche italiane che vantano un primato non solo numerico ma anche economico con un valore strategico dell'economia italiana con attuazione di quanto previsto dallo stesso Reg. CE 11551/2012 “Il valore aggiunto delle indicazioni geografiche e delle specialità tradizionali garantite si basa sulla fiducia dei consumatori. Esso è credibile solo se accompagnato da verifiche e controlli effettivi".

La giurisprudenza europea e quella nazionale hanno negli anni definito sempre più precisamente i confini della tutela e sono di sicuro supporto alla lotta e alla repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari e per quanto riguarda “l'evocazione" la capacità di giudizio complessiva non può che essere rimessa alla sensibilità dell'interprete, alla sua attenzione e al suo buon senso.

Avv.to Monica Salvatore, Coordinatrice ODAV Napoli

Avv.to Carla Mariniello, Delegazione ODAV Napoli

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