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Salva la legge contro le frodi alimentari ma teniamo alta la guardia: legge fragile sotto attacco



di Rosa Colucci, Coordinatrice nazionale ODAV


Non è la prima volta che la legge contro le frodi alimentari sia stata messa in pericolo e salvata in extremis: era già accaduto infatti già una decina di anni fa che il testo unico sulla tutela degli alimenti fosse stata recuperata all’ultimo minuto in relativo silenzio, così come in sordina era passata la ventata di abolitio criminis di qualche giorno fa a cui più di qualcuno evidentemente aspira.

Il fatto è risaputo ma neanche più di tanto: abbiamo rischiato che fosse abrogata la legge 283/62 recante la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. In pratica la vendita di sostanze contaminate non sarebbe stato più reato ma, al più, un illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria. Magari sulla carta non si percepisce in pieno la gravità della depenalizzazione ma pensare che chi proponga cibi cancerogeni o addizionati di sostanze non consentite o mal conservati o degradati possa cavarsela solo con una multa allora sì che dà la misura del pericolo scampato.

Di fronte a questo scenario preoccupante, siamo felici di poter annunciare che sì, l’abrogazione è stata abrogata, è stato scongiurato l’effetto abolitivo dei reati ma se la battaglia è vinta non si può dire lo stesso della guerra: quanto fragile si rivela il nostro impianto legislativo a fronte della sua riconosciuta validità? Proprio noi italiani evidentemente conteniamo il nostro peggior nemico, se c’è chi vorrebbe attentare a quanto di più buono sappiamo fare, a quello che è uno dei tratti distintivi del nostro Paese, il nostro passato e il futuro: produrre, trasformare e consumare cibo di grandissima qualità. Il modello virtuoso a cui dobbiamo puntare, e che ci porrebbe di fatto a una sempre più riconosciuta leadership nelle dinamiche geopolitiche del Mediterraneo e più forti nel commercio globale, presuppone un sistema di regole forti, basate su valori condivisi, altrimenti sarà sempre un tirare la coperta in direzioni contrarie.

È vero, abbiamo un sistema legislativo avanzato, fra i migliori al mondo: se siamo fra i primi per l’arte, la bellezza del territorio, il cibo e la cultura è conseguenza naturale che il nostro genio si esprima anche in buone leggi, sempre che la “creatività” italica non tenti storture come la depenalizzazione di cui prima.

Tanti lavoratori, produttori, professionisti sono coinvolti nell’agroalimentare tricolore e i risultati sono importanti, meritano di essere ricordati più e più volte: i nostri prodotti, tutelati dalle Indicazioni geografiche e dalle Denominazioni di origine protetta, sono i migliori e anche più accessibili rispetto a prodotti europei di uguale qualità ma molto più costosi (vedi quelli francesi).

Il silenzio che ha accompagnato il viaggio pericoloso della legge contro le frodi alimentari la dice lunga sul fatto che vi sia urgente bisogno di cultura diffusa del diritto agroalimentare. Prendiamo il prodotto più totemico dell’italianità, la pizza: sappiamo tutti come si fa, vi sono anche serie realtà accademiche dedicate ma sulla normativa della pizza si è dovuto attendere l’anno domini 2020 per avere il primo evento dedicato e di grande diffusione, organizzato proprio dall’Osservatorio del Diritto agroalimentare e vitivinicolo, uno dei tanti eventi culturali e formativi che caratterizzano la nostra azione divulgativa. Se sulla pizza siamo tutti a buona ragione espertissimi ed esigenti, dobbiamo essere anche consapevoli che alla base della bontà della nostra margherita c’è un sistema normativo che impedisce di usare la mozzarella blu (ve la ricordate?), la farina al glifosato o la passata di pomodoro mal conservata al botulino. Noi ODAV continueremo a vigilare e a proporre: per ora, chi aveva sperato nel pasticciaccio abrogativo masticherà – è proprio il caso di dirlo – amaro.

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