(Di Paolo Scarpino)
La conclusione della stagione apistica indica alcune priorità da affrontare come la crescente perdita di biodiversità e il cambiamento climatico: azioni importanti per la salvaguardia delle api, della salute umana e dell’ambiente. Le api, nella loro sensibilità, rafforzano l’improrogabile bisogno di un cambiamento radicale nell’approccio e nelle dinamiche di interazione con il creato verso pratiche ecosostenibili e solidali. Lasciarci guidare, come per le api, dalla necessaria esigenza di far fronte a un duplice compito: la salvaguardia congiunta delle nostre vite e della natura.
L’entrata in vigore nel marzo 2020 di misure restrittive per contenere lo sviluppo della pandemia ha incentivato una ripresa delle attività vegetative spontanee, una sanificazione dell’aria e degli ambienti troppo spesso antropizzati. Le api finalmente hanno potuto sorridere! Da anni in ambienti urbani e rurali non conoscevano quella libertà di movimento e impollinazione riacquistando così, durante i mesi di chiusura, spazio e forza: alveari ben popolati, scorte di miele, vivacità.
L’interruzione improvvisa dovuta all’interazione tra la riapertura dalle restrizioni (ripresa attività antropica e sue nefaste azioni) con gli ormai consueti stravolgimenti climatici improvvisi, hanno condotto interi alveari nuovamente a stress, spopolamenti, mortalità. Il recente rapporto FAO ci invita nuovamente a riflettere: “Compromettere la fertilità del suolo limita lo sviluppo di farmaci e vaccini”. Dimensioni vaste di un problema esploso da tempo: crisi climatica e erosione dei suoli (ogni anno scompaiono 24 miliardi di suolo fertile), abusi della chimica in agricoltura, incendi, deforestazione. L’attuale crisi pandemica ancora non basta per renderci conto dell’urgenza di comprendere lo stretto legame tra salute ambientale, salute del suolo e salute umana. Nel dopo chiusura gli spazi sono tornati alla normale gestione: massicci utilizzi della chimica e interventi meccanici di gestione delle aree verdi e agricole hanno visto vanificare l’intento della natura di riprendersi i suoi spazi.
L’intervento dell’uomo continua a essere una minaccia e il ruolo delle api, nella salvaguardia della biodiversità ambientale e alimentare, viene così nuovamente offuscato. La pandemia ha provocato un ritorno a una normalità più povera, a maggiori emergenze economiche e sociali, all’assenza totale di riferimenti culturali e spirituali, nell’incapacità di comprendere nel profondo le “fragilità”. Nessun investimento importante per la transizione ecologica delle attività produttive e della gestione delle aree verdi, la pandemia non ha smosso e sollecitato un’inversione di pensiero. La relazione tra covid19 e cambiamento climatico si esprime nei conflitti ecologici che minacciano le nostre vite come il consumo di suolo, il mancato investimento sulla biodiversità, l’inquinamento, l’agricoltura intensiva, l’urbanizzazione selvaggia. Co-fattori che di fatto rendono le nostre vite molto più fragili.
Il virus non ci ha migliorato: ha amplificato le disuguaglianze sociali e culturali, ci ha reso soli, apatici, distanti,incapaci di credere al bene collettivo piuttosto che individuale. Le api ci domandano a gran voce se esiste una giustizia animale, sociale, ecologica e ci invitano ad evitare gli errori di sempre, a cooperare per far sì che il bene comune, lo stesso bene per il quale loro operano tutti i giorni senza chiederselo, venga tutelato. Gli animali e i prodotti della terra devono tornare la misura del nostro essere e l’impegno delle laboriose api un richiamo al rispetto della terra. Tornino al più presto le api a volare e sorridere! Pensavamo di essere sani in un mondo malato, ora rischiamo di essere malati in un mondo che non esiste più con l’urgenza di una transizione verso una società migliore per non “finire lessati nelle nostre vasche”. Un granello di sapienza vale più di tutte le ricchezze della terra e il dono del discernimento può aiutarci a comprendere ciò che trasmette valori da ciò che incita a perseverare nell’errore e nel male.
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